Chiunque abbia mai visto un video di Magnus Carlsen sa quanto possa sembrare facile vincere una partita di scacchi… finché non si prova a replicare le sue mosse! Tra un gambetto di re e una difesa siciliana, Carlsen sembra quasi danzare sulla scacchiera. “Ma, seriamente, secondo me c’è una minima possibilità, ma minima eh, che se ci giocassi bendato una chance ce l’avrei. Insomma, chi prevede l’imprevedibile?”
Ma prima di capire come teabaggare il norvegese, cerchiamo di scoprire come è nato questo gioco da tavolo.
Le Origini Indiane: Chaturanga e l’Alba della Strategia
Si dice che gli scacchi abbiano avuto origine in India, intorno al VI secolo d.C., con un gioco chiamato Chaturanga. Questo antenato degli scacchi, descritto in testi storici come il Bhavishya Purana, si giocava su una griglia 8×8 e rappresentava i quattro rami dell’esercito indiano: fanteria, cavalleria, elefanti e carri, equivalenti a pedoni, cavalieri, alfieri e torri degli scacchi moderni. Secondo lo storico H.J.R. Murray in A History of Chess (Oxford University Press), Chaturanga era già un gioco complesso che richiedeva abilità e strategia, sebbene fosse giocato con due o quattro giocatori e incorporasse anche elementi di fortuna, come il lancio di dadi.
Quindi quindi quindi, l’imprevedibile diventa sempre di più la mossa vincente.
Persia: Da Chaturanga a Shatranj
Dal subcontinente indiano, il gioco si diffuse verso la Persia, dove prese il nome di Shatranj. Fu qui che gli scacchi iniziarono a somigliare a ciò che conosciamo oggi, eliminando i dadi e rendendo il gioco basato esclusivamente su strategia e abilità. Secondo l’esperto di scacchi Yuri Averbakh in Chess: Its History and Evolution (Russian Chess Federation), Shatranj introdusse movimenti più definiti per ogni pezzo e regole che sancivano la vittoria tramite lo “Shah Mat”, ovvero la messa in pericolo irreparabile del re. Ed ecco da dove viene il termine “scacco matto”: Shah Mat, o “il re è morto”.
Arrivo in Europa: Dal Medioevo alla Rivoluzione del Gioco
Gli scacchi giunsero in Europa attraverso la Spagna e l’Italia, intorno al IX secolo. Qui il gioco prese piede tra le classi nobiliari e si evolse ulteriormente. Gli storici considerano il XV secolo come una fase cruciale, poiché furono introdotte mosse moderne come il movimento più potente della Regina e il doppio avanzamento iniziale dei pedoni. Lo storico Marilyn Yalom, in Birth of the Chess Queen (HarperCollins), spiega come il ruolo della regina si sia potenziato sotto l’influenza delle monarchie europee, in particolare quella spagnola, dove la regina Isabella I era una figura di immenso potere.
La Meccanica Perfetta: Dalla Francia all’Invenzione del Grand Master
Nel XVII secolo, la Francia divenne il centro del mondo scacchistico. Il leggendario giocatore François-André Danican Philidor, autore del celebre Analyse du jeu des Échecs (1749), fu il primo a dimostrare l’importanza dei pedoni, chiamandoli “l’anima del gioco”. La sua famosa frase “i pedoni sono la spina dorsale dell’attacco” cambiò per sempre la percezione strategica degli scacchi. Philidor è considerato uno dei primi “Grand Master” della storia e il primo a riconoscere che la pazienza e il posizionamento erano più importanti delle mosse spettacolari – una filosofia che persiste fino a oggi.
La Questione del “Fante” (o meglio, dell’Elefante Mancato)
In italiano, il fante ha una storia interessante che ci riporta a un fraintendimento antico. La figura, infatti, deriverebbe dall’alfil degli scacchi persiani e arabi, un pezzo che rappresentava l’elefante. Quando gli scacchi arrivarono in Europa, la figura dell’alfil venne adattata nelle carte da gioco, ma l’elefante non era molto comune nel simbolismo medievale europeo. Così, l’“alfil” divenne semplicemente il “fante”, un servitore o soldato semplice.
Non so voi, ma nerf ridicolo e inutile da parte degli italiani